Columbargia è una delle tre torri costiere, presenti nel territorio di Tresnuraghes ed è la più facilmente raggiungibile essendo la più vicina alla spiaggia di Porto Alabe, naturale punto di partenza una volta lasciatosi alle spalle gli ampi parcheggi. Ed è anche, sicuramente, la più frequentata, in tutti i periodi dell’anno.
Fa parte del percorso “Il sentiero delle torri” escursione organizzata in Primavera dalla locale Pro Loco che partendo dalla spiaggia di Porto Alabe si snoda lungo la costa per attraversare il cantiere forestale, e visitare Ischia ruggia per poi proseguire fino a Foghe, sull’omonimo fiume dove sfocia proprio sotto la torre, al confine con il territorio di Cuglieri.
Le stesse torri fanno parte dell’iniziativa il “Il cammino delle 100 torri” organizzato dall’omonima associazione, che tutti gli anni coinvolge centinaia di persone, appassionate del trekking.




Columbargia è sita su un promontorio di roccia basaltica e domina la sua omonima baia e sovrasta, posta alle sue spalle una piscina naturale che in qualunque stagione dell’anno e con qualsiasi condizione meteo permette di fare un bagno in totale sicurezza.
Arrivare alla torre è abbastanza facile, una volta parcheggiato il proprio veicolo, negli ampi parcheggi disponibili a Porto Alabe, si individua il varco nella vegetazione e si attraversa il rio Janas, questo di origine torrentizia è, spesso in secca e se il torrente dovesse scorrere l’attraversamento è comunque facilitato da un ponticello in legno.

Una volta attraversato è facilissimo individuare il sentiero, mantenuto ben visibile e tutto sommato facilmente percorribile dai numerosi frequentatori di questa tratta. Il fatto che sia molto frequentato, in ogni periodo dell’anno, non vi toglierà il piacere di una camminata in perfetta solitudine immersi nel silenzio assoluto, eventualmente interrotto dalla fauna del luogo o dal rumore del mare che rumoreggia qualche decina di metri più sotto. Durante il cammino non sarà difficile non intravedere qualche volpe furtiva, più difficile è l’incontro con i cinghiali sebbene le loro orme, e il loro lavorio sia ben visibile, in particolare nei periodi più piovosi. Gabbiani, cormorani, la fanno da padroni la sotto e con un po di fortuna, in particolare all’alba, si potrà vedere anche la danza di qualche branco di delfini. Merli, pernici, galline prataiole, abbastanza spesso vi attraverseranno la strada sbucando fuori da qualche cespuglio di lentischio, o di ginestre al sentire i vostri passi.
Dopo una decina, forse quindici, minuti, questo dipende dal passo della compagnia, si arriva a “Sa balca ilfatta” toponimo che nasce da una tragedia del mare avvenuta intorno al 1810, per chi volesse saperne di più qui c’è il link all’articolo di Giangavino Vacca con la ricostruzione storica dell’evento fatta dal caro amico Ganga Salvatore, che ringrazio anche per le foto a corredo di questo articolo.
Con una breve nuotata è facile arrivare sopra il punto e vedere, a volte, dipende sempre se l’ultima mareggiata non lo ha ricoperto di sabbia, ancora una parte del fasciame dello sfortunato Vencedor.
Si prosegue risalendo una scalinata creata sull’arenaria, questo è il punto più fastidioso della passeggiata, un paio di bastoncini da Nordic Walking aiutano, in particolare se si ha qualche anno sulle spalle come me. Proseguiamo attraversando le radici dei nodosi ginepri che sbucano dalla sabbia a dimostrazione della grande resilienza di questo splendido albero, quasi una rassicurante presenza e poi ancora lentischi, mirti, corbezzoli e tantissimi cespugli di elicriso che al solo sfiorarli inebriano le nostre radici, attenzione invece alla presenza della ruta, il cui odore non è altrettanto gradevole. Ormai siamo vicini, lei nostra torre già si vede, facendo capolino ora da un lentischio, ora da un ginepro. Ancora un po di pazienza e ci potremo affacciare su questo panorama mozzafiato.
Ed eccoci arrivati. La baia si estende sotto i nostri piedi, più in là leggermente staccato dalla terraferma qualche scoglio e poi l’isolotto, più un grande scoglio che vera isola, denominato “Buca e conzu” la torre, silenziosa eppur narrante ci osserva dall’altra parte della baia. Quasi un invito o una sfida ad osare ad avvicinarsi.
Ci si gira guardando intorno e non c’è traccia di come ci si possa arrivare, quasi che i locali per paura di qualche scorribanda saracena abbiano tagliato i ponti e chiuso ogni accesso. Per fortuna che c’è Pastore, il cane che sognava di fare la guida turistica, sbuca da dietro un lentischio e ci invita a seguirlo, facendoci strada. Lo seguiamo attraversando un banco di sabbia per poi scendere una specie di pista carrabile scavata da trattori, e/o fuori strada in vena di Camel trophic de noialtri ed invece di girare a destra verso la spiaggia “Sa marinedda” andiamo a sinistra, su un sentiero tornato sabbioso, attraversando ginepri secolari. Vediamo Pastore scomparire dietro un boschetto formato da diverse specie di fillirea e olivastri, fiduciosi lo seguiamo, in fondo alla valle un guado al momento in secca, lo attraversiamo e comincia la risalita tramite una scalinata, anche questa ricavata nell’arenaria. Davanti a noi Pastore, sicuro di essere seguito, ci fa strada indicandoci come proseguire. Ad un certo punto, quasi giunti a meta salita, non possiamo non notare un abbraccio curioso: un ginepro avvinghiato alla roccia dove non si capisce chi regge chi. Sorridendo proseguiamo, pensando agli scherzi del caso, e arriviamo ad un vero e proprio bosco di ginepri, curati dalla mano dell’uomo o almeno lo sono stati qualche anno fa e i segni si notano ancora. Pastore ci fa strada indicandoci con il suo avanzare la strada per la torre, compito diventato ancora più facile dopo aver ritrovato il sentiero.
Siamo ormai sotto la torre, il buon senso e i cartelli posti dal Comune di Tresnuraghes ci indicano di non proseguire viste le precarie condizioni del manufatto, che avrebbe bisogno urgente di manutenzione straordinaria. Decidiamo di fermarci qui e di ammirare “Sa pischina” dall’alto, saliamo su un vecchio fortino in cemento armato, eredità della II Guerra mondiale, e ci sediamo ad osservare anche qui un panorama mozzafiato. Lo stridio dei gabbiani interrompe il silenzio , ma non i nostri pensieri. Questo posto è fantastico. Ti accorgi che qui non c’è nulla, nel senso più banale del termine, eppure ti sembra di avere tutto e non ti serve altro. Ti senti di dare ragione a chi dice che Columbargia ti strega, ti porta via l’anima quasi fosse una fattucchiera, e comunque se non te la porta via te la riempie.
Nel frattempo, Pastore, la nostra guida, è sceso giu fino all’acqua e sembra intento a pescare ogni tanto abbaia ai pesci che non si fanno prendere e non sembra intenzionato a ritornare con noi.
Decidiamo di tornare indietro, invidiando Pastore, che a differenza nostra non problemi di rientro.
Ci lasciamo alle spalle questo scenario meraviglioso, i suoi silenzi e i suoi suoni e suoi rumori, e forse in mezzo a loro anche un po della nostra anima, se non quella, almeno un pezzo del nostro cuore resterà qui.